sabato 19 maggio 2012

Responsabilità

Rifletto sulla responsabilità.
E' una parola grande.
Io l'ho sempre evitata.
Ora ci penso.
E sento che è fortemente connessa alla libertà.
Forse potrebbe esserne il presupposto. 

giovedì 2 febbraio 2012

Un bacio


Mi compro un bacio. Il che già mette tristezza.
Lo scarto. Lo mordo. Il cioccolato e la nocciola che si spacca sulla lingua
per un attimo mi rendono felice.
Dura sempre un attimo questa cosa che chiamano felicità.
Poi sfilo il bigliettino dalla carta argentata. Ne voglio uno incredibilmente sdolcinato, sono ridotta così male che andrebbe bene anche uno scritto dal più scadente tizio che si spaccia per scrittore, uno che le parole le ammazza senza rendersene conto.
Lo potrei perfino leggere invece di bruciarlo con l'accendino che usavo per accendere le sigarette
quando fumavo e che mi fa credere, per il fatto di portarlo sempre appresso, che ricomincerò. Ho la miccia pronta ma oggi non la userò, sarò arrendevole alla bruttezza, come tutti cederò, oggi sarò come tutti.
Se va bene invece troverò Shakespeare ma non ci spero, il Bardo è considerato difficile, il mondo
e la gente ridotta come me che legge le frasi nei cioccolatini ha bisogno di banalità, non ha tempo per le belle parole. Non ho tempo. La pausa-pranzo è finita. E' uno dei nomi più tragici la pausa-pranzo.
Voglio una frase che mi indichi cosa fare, che sia romantica e perentoria, voglio un segno chiaro, non da interpretare. Voglio, mi rendo conto, un comando.
Stendo la carta trasparente, che scricchiola tra le mani. Leggo mentre pioviggina, una goccia mi cade sugli occhi, poi corre tra le parole blu. Leggo. E, nel mentre, accendo il fuoco. 



martedì 10 gennaio 2012

Perdiamo tanto di quel tempo.
Lo sappiamo.
Ci giustifichiamo, abbozziamo e continuiamo, giorno dopo giorno e sempre giorno dopo giorno, continuiamo cercando di mascherare questo dolore, questa incongruenza di continuare a fare tutto quello a cui non crediamo. 
Poi ci infiliamo un cappello e cantiamo. Matti da giovani, patetici da vecchi.

domenica 1 gennaio 2012

jazz

Si ricomincia. Tutto nuovo. Cacciati via da un mondo e atterrati in un altro.
Un po' una storia antica a pensarci bene. Arrivo da un'altra piattaforma di blog e mi piazzo qui.
Il primo dell'anno mi sembra un giorno favorevole, è il giorno dei buoni propositi, tutto sommato.
Non è il caso di prenderla con nostalgia, la maggior parte della nostalgia non è altro che pura e semplice e banalissima comodità.
E a noi a cui piace il jazz la comodità non è che piace poi tanto. La banalità poi non ci appartiene.
Ci piace far tardi, ci piace ascoltare cose sempre nuove e il senso del nuovo è diverso da quello di chiunque altro. Per noi che amiamo il jazz il nuovo può esserci su qualsiasi pezzo, siamo capaci di ascoltare la stessa canzone rifatta in modi diversi, interpretata e improvvisata come mai immaginavamo. E' lì che sta il bello del jazz. Siamo gente strana e abbastanza contenta di esserlo. Siamo persino contenti di essere in pochi. Non voglio nemmeno scriverlo con la lettera maiuscola, il jazz. No, me lo tengo con la minuscola non perché credo non sia importante, tutt'altro. Perché lo considero di casa, fa parte ormai di me. E la deferenza non la voglio avere. Non voglio formalità. Non con il jazz. Schietto e vero mi piace. E con il cuore, con l'anima. Non roba da signorine, insomma. 
Voglio aprire questo nuovo anno con un mio omaggio a John Coltrane. Disegnarlo è stato importante. Non ci riuscivo davvero prima di comprenderlo fino in fondo. Per questo il 2011 per me è stato un anno serio. Perché ho capito John Coltrane. E Coltrane è stato il primo jazzista di cui un giorno lontano qualcuno mi parlò. Allora non capivo proprio niente. Molto meno di quel poco che so adesso. Ma questa è un'altra storia...
Ah, buon anno.