mercoledì 3 dicembre 2008
Colori proibiti e un baleno
domenica 30 novembre 2008
Angeli mascherati
sabato 29 novembre 2008
Un groove liberatorio
Traduzione di 50 ways to leave your lover di Paul Simon
E questa è l'interpretazione in jazz:
Una sorta di paradiso
Non c'è niente di più difficile per un pittore veramente creativo del dipingere una rosa, perché prima di tutto deve dimenticare tutte le altre rose che sono state dipinte.
H. Matisse
sabato 22 novembre 2008
Le musiche di Matisse e Picasso
Ho trovato per un caso fortuito questo cd. Mi è venuto incontro, nel suo rosa squillante e con i capolavori L'acrobata di Picasso e Il Nudo Blu di Matisse sulla copertina. C'è una bellezza fuori, c'è una bellezza meravigliata dentro, ascoltando i due cd che contiene e c'è una bellezza nel testo critico che si scopre all'interno. E' in francese e in inglese. L'ho tradotto, per comprenderlo meglio e per condividerlo. Ce ne fossero dischi così. Se vi viene incontro un giorno, mentre pensate ad altro, aprite le orecchie come se fossero braccia e stringete i suoni dentro. Chiudete gli occhi e pensate ai segni lasciati da questi due grandi pittori. I colori vi esploderanno dentro con la delicatezza inesorabile di una rosa che sboccia. E i pensieri si faranno semplici e sonori, si solleveranno sulle punte per elevarsi in equilibrio su un mondo tanto scosso e incomprensibile nella sua ordinarietà da richiedere un equilibrio da acrobati e un'eleganza blu.
Ma, prima di leggere, vogliate deliziarvi:
"Il mio sogno musicale è ascoltare la musica delle chitarre di Picasso". Questo era il desiderio di Cocteau, alto sacerdote dell'unione di tutte le arti, scrittore, creatore di schizzi, regista e forza trainante del Gruppo dei Sei. Senza la presunzione di avverare il suo sogno, questo CD offre l'opportunità di ascoltare la musica che ha influenzato profondamente la sensibilità di Matisse e di Picasso e che è stata una fonte perenne della loro ispirazione. Alcune delle registrazioni sono state fatte da musicisti che i due artisti conoscevano e apprezzavano (tra gli altri, Cortot, Gershwin, Menuhin).
Mia traduzione del testo originale di Frédérique Ait-Touati, che accompagna "Les musiques de Matisse-Picasso", etichetta Auvidis
venerdì 21 novembre 2008
Quanto è profondo l'oceano (quanto è alto il cielo)
Quanto ti amo?
Niente bugie
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Quante volte al giorno penso a te?
Quante rose sono cosparse di rugiada?
Quanto lontano viaggerei
per essere dove sei
Quanto è lontano il viaggio
da qui a una stella?
E se mai ti perdessi
Quanto piangerei?
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Quanto ti amo?
Niente bugie
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Quante volte al giorno penso a te?
Quante rose sono cosparse di rugiada?
Quanto lontano viaggerei
per essere dove sei
Quanto è lontano il viaggio
da qui a una stella?
E se mai ti perdessi
Quanto piangerei?
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Traduzione di How deep is the ocean (how high is the sky) di Irving Berlin.
martedì 18 novembre 2008
Il blue che in rapsodia toglie ogni blu
Mi piace pensare alla musica come a una scienza di emozioni
George Gershwin
sabato 15 novembre 2008
Fuochi infatuati
A volte succedono cose che non ti aspetti. Succedono così, senza avvertire, senza chiedere, senza rumore. Senti una musica e senti che devi seguirla. Così. Perché ti piace non lo sai, ma sai che il tuo orecchio e i tuoi occhi la vedono. Non sai dove vuole portarti e non sai cosa vuole da te. Ha solo la necessità di farsi sentire e dirti che esiste. Che è venuta fuori e deve andare e fermarsi per poi andare ancora dove non si sa. Un pifferaio magico, un incantatore di serpenti, un accendino che prende colore e una sigaretta che vola via, un sorriso che si riempie del mondo, panni stesi che si staccano dalle mollette e si mettono a ballare, la gente intorno che non vedi e le voci che non senti. Senti solo una musica non suonata, la senti nelle immagini e nei suoni di una voce, la senti nella testa, nelle mani, nelle parole, nelle ciglia lente che assaporano ogni nota. Stai bene. E non sai perché. Perché? Perché non importa. Hai addosso un grazie che fa male e brucia forte negli occhi. Una parola, una parola detta si perderebbe esplodendo. Hai freddo, sonno, tremi e senti un macigno sullo stomaco che ti toglie la voce. Ma stai bene. E continui a seguire la musica addosso ai passi che vagano e girano, voltano, ritornano e se ne vanno, rigirano e tornano e ogni posto già visto è diverso. Una piazza diventa una giostra e un circo, un fuoco per terra si fa sole, si spegne tutto in un attimo. Un cortocircuito e una scarica elettrica che paralizza. E poi sparisci, non ci sei più. Ci sono due occhi che si abbassano. Continui a seguire la musica mentre diventi sempre più piccola fino a scomparire in un casco. Senti poi qualcosa che ti cade sulle guance senza freno. Allora acceleri e spegni tutto, ma non ci riesci.
Molti anni dopo ritrovi queste parole scritte per chi cantava le note di John Coltrane passeggiando con te e ti ricordi che eri meravigliata, in estasi. Era un ragazzo dagli occhi grandi e verde grigio. Una volta mi scrisse: prometti di non smettere mai di scrivere.
Di lui, insieme alla musica, è rimasta questa promessa tra le mie cose preferite.
lunedì 10 novembre 2008
La Tartaruga
Questo è stato il mio primo disco. Lo ascoltavo portandomi appresso un mangiadischi arancione che tenevo come fosse una borsetta. Ho sempre adorato le tartarughe. E questa voce, gentile, allegra e lieve come solo i poeti sanno esserlo, è una delle più dolci per me:
sabato 8 novembre 2008
Frutti
Il fruttivendolo di qui ha un negozietto dalle luci calde che illuminano la frutta e la verdura come gioielli raccolti in piccole ceste. Pomodori di rubini, insalata di smeraldo, banane d'ambra, uva di giada.
Nella mia città il fruttivendolo ha solo gli occhi preziosi, due turchesi. E' la prima persona che vedo la mattina. Mi affaccio dal balcone e sta là sotto. Magro magro e giovane, ha braccialetti d'oro ai polsi dalle mani sporche di terra. Le unghie, le unghie soprattutto hanno una linea nera netta, come se si portasse appresso, sulle dita, cinque orizzonti per mano. C'è gente la mattina, la via che sta sotto casa è piena di negozi di alimentari, accanto il panificio e accanto il caseificio rendono la strada, quel pezzo di strada, piena di donne che entrano ed escono cariche di buste bianche gonfie di verdura, pane, formaggi. Frettolose le donne, scure in viso, tirate. Quando si riconoscono, sorridono. Chiedono dei loro figli, perlopiù. I loro figli non ci sono, sono in altre città. Tra di loro ne parlano come di uomini partiti al fronte piuttosto che per città universitarie.
Qui a Roma il fruttivendolo è tra un negozio di abbigliamento e una pizzeria al taglio. Sta sempre dentro. Ordinato, calmo, cortese.
L'uomo dagli occhi turchesi, invece, è agitato. Urla invece di parlare. Ogni tanto si mette le mani tra i biondissimi capelli lunghi, prima di aggiustare le casse di frutta esposte fuori, che intralciano la strada. Le sue braccia, da magrissime, si tendono di muscoli nudi all'aria salmastra, di scirocco.
Il suono secco della lattuga che si spacca sotto l'acqua è verde.
Devo accendermi una sigaretta e sedermi a osservare fuori.
Lascio correre l'acqua sulle foglie prive di un centro, ora sono tutte sparse e spaurite.
Ho comprato stamattina il cespo d'insalata, al mercato di frutta e verdura, non sono andata dal fruttivendolo.
Il vociare forte e invadente mi ha messo allegria.
Non sapevo che banco scegliere, mi sembravano tutti uguali. Ma ognuno espone diversamente tutti quei frutti della natura, a caso. Un caso che rispetta il carattere di ognuno. Una donna giovane dai denti di vecchia era molto accurata. Tutto chiuso in piccole buste di plastica trasparente, confezioni monodose al passo con il dilagante starsene da soli di molti.
Dietro un altro banchetto, un vecchio giovanotto (o un giovanotto vecchio) sembrava ridere di chiunque tranne che di se stesso. Mi sono avvicinata a lui, attratta dal suo berretto poggiato storto sulla testa coi capelli bianchi rasati e occhi appuntiti con striature azzurre, come fossero topazi. Mi ricordavano il ragazzo della mia città. Quegli occhi, ben nascosti, vagavano veloci dal mio viso alle sue verdure. Signorì, questi so' buoni, mi ha detto con la voce da fumatore. Provi, provi e poi si ricorderà di me mentre mangia. Quanti ne metto? I pomodori erano belli, era vero. Piccoli e all'apparenza succosi, rossi rossi. Mezzo chilo, gli ho detto. Il giovanotto ha preso un foglio di giornale, lo ha riempito di grappoli di pomodori e me li ha messi dentro la busta con i giornali che mi penzolava dall'avambraccio piegato. Poi ho preso delle arance, erano grandi come teste di neonato. Le ho accarezzate e mi sono ricordata di quando da piccola tenevo in braccio un cuginetto nato col bitorzolo in testa. In quel periodo ero attratta dagli aquiloni. Una volta, molto più grande, ne ho fatto volare uno, costruito insieme all'unico uomo che abbia saputo amarmi. Eravamo accanto a un mare autunnale e solitario, che riempivamo con grida di meraviglia per un aquilone che riusciva a stare alto, che tirava il filo trasparente in cerca di libertà e con la coda dai fiocchi di nastri rossi e arancioni, come quei pomodori e quelle arance.
Lasciai andare l'aquilone, si perse nel cielo, lo guardai vibrarsi in una libertà senza peso e senza meta. Lasciai quell'uomo, che trasformò il suo dolore in forza. Io imparai la struggente lezione che la libertà senza un filo che la regge è sbando.
Metto l'insalata in una coppa insieme ai pomodori. Leggo i giornali nel mio tempo ancora indefinito. Guardo le arance e sogno gli aquiloni.
venerdì 7 novembre 2008
Ci si contorce
in sforzi quotidiani e sbatte nell'aria un'essenza che non s'espande attende senza sperare spera strappando al sonno una libertà piccola come un gesto nel tempo e nel modo, continua giorno per giorno a cercare abbassando le spalle chinando la testa ma solo da fuori si vede, ché dentro è un fiorire e imparare per gusto piacere amore e brilla lo sguardo non visto e si eleva scivola nella giusta direzione che non è giustizia è quel che è, suono di un colore nato per sbaglio e sorpreso a respirare senza sconquasso lieve lieve come se volesse sparire per non dare fastidio e intanto cambia le vite di chi l'ha tirato fuori in una distrazione passione di tenera ribellione impreparati a saperlo vedere e a posare su un foglio su un legno o una tela su ali di vento su voli autunnali su sogni all'indietro su foglie tremanti o tappeti volanti.
Ci si contorce
nasciamo nel tumulto di un cielo in subbuglio e ci inarchiamo di improvvisa bellezza che dura ben poco sfumando di timidezza torniamo a sentirci un colore non visto che colora la luce.
giovedì 6 novembre 2008
domenica 2 novembre 2008
Essere
Essere più forti della propria tristezza
Non abbandonare il dolore della mancanza
di una carezza
Ma immergersi dentro, sapendo riemergere
senza niente tra le mani, solo con un soffio
di bellezza.
venerdì 31 ottobre 2008
Live it
"Music is your own experience, your own thoughts, your wisdom. If you don't live it, it won't come out your horn. They teach you there's a boundary line to music. But, man, there's no boundary line to art."
Charlie Parker
Piazza pulita
Un rumore come di uccellini affannati alla mattina
a smuovere foglie, proteggere nidi
preparare voli di circospezione
Un rumore di manifestazione
Gremita la piazza e le viuzze intorno
Colori di leggeri palloncini
rosse bandiere, inossidabili chimere
Canti per diritti e necessità
Calpestati dalla falsità
Da tagli per proteggere chi il denaro lo ha già
Riforme pensate senza nessuna umanità
E il giorno dopo un complotto di menzogne
La gente trattata peggio che i topi nelle fogne
Se questo paese è sulla carta una democrazia
nei fatti è già da tempo volata via.
ai giovani uccellini resta solo una cosa da fare
far fagotto e, col groppo in gola, emigrare.
martedì 28 ottobre 2008
Sembra oggi
Piove
Piove. È uno stillicidio
senza tonfi
di motorette o strilli
di bambini.
Piove
da un ciclo che non ha
nuvole.
Piove
sul nulla che si fa
in queste ore di sciopero
generale.
Piove
sulla tua tomba
a San Felice
a Ema
e la terra non trema
perché non c'è terremoto
né guerra.
Piove
non sulla favola bella
di lontane stagioni,
ma sulla cartella
esattoriale,
piove sugli ossi di seppia,
e sulla greppia nazionale.
Piove
sulla Gazzetta Ufficiale
qui dal balcone aperto,
piove sul Parlamento,
piove su via Solferino,
piove senza che il vento
smuova le carte.
Piove
in assenza di Ermione
se Dio vuole,
piove perché l'assenza
è universale
e se la terra non trema
è perché Arcetri a lei
non l'ha ordinato.
Piove sui nuovi epistèmi
del primate a due piedi,
sull'uomo indiato, sul cielo,
ottimizzato, sul ceffo
dei teologi in tuta
o paludati,
piove sul progresso
della contestazione,
piove sui works in regress,
piove
sui cipressi malati
del cimitero, sgocciola
sulla pubblica opinione.
Piove, ma dove appari
non è acqua né atmosfera,
piove perché se non sei
è solo la mancanza
e può affogare.
Eugenio Montale, Satura II
domenica 26 ottobre 2008
Stelle
Condivido parole che scavano così tanto da innalzare alle stelle. Parole di Vincent Van Gogh. Frammenti tratti dalle sue lettere al fratello Theo. Van Gogh era convinto del misterioso legame tra colore e musica. Non oso mettere qui le immagini dei suoi quadri. Già mi sembra una sorta di profanazione metterci le sue meravigliose parole. Ma lo faccio perché possano, per quel poco possibile, diffondersi e albergare anche per un attimo nella sensibilità di chi vorrà leggerle. E in chi si commuove guardando le stelle.
Queste parole sono state scritte tra il 1888 e il 1890.
Eccole:
Che cosa strana è il tocco, il colpo di pennello. All’aria aperta, esposti al vento, al sole, alla curiosità della gente, si lavora come si può, si riempie il quadro alla disperata. Ed è proprio facendo così che si coglie il vero e l’essenziale - questa è la cosa più difficile.
L’olivo è cangiante come il nostro salice. [...] Ciò che il salice è da noi, lo sono con la stessa importanza l’olivo e il cipresso qui. Ciò che ho fatto è un realismo un po’ duro e grossolano accanto alle loro astrazioni, ma servirà a dare la nota agreste e saprà di terra.[...] Sono sempre più convinto [...] che lavorando assiduamente dal vero senza dirsi preventivamente: «voglio fare questo o quest’altro», ma lavorando come se si facessero delle scarpe, senza preoccupazioni artistiche, non si farà sempre bene, ma verrà il giorno in cui, anche non pensandoci, si troverà un soggetto di pari valore del lavoro di quelli che ci hanno preceduto. Si impara a conoscere un paese, che in fondo è completamente diverso da come ci è apparso a prima vista. Ma se al contrario ci si dice: «voglio finire meglio i miei quadri, voglio farli con cura», e un sacco di idee del genere, le difficoltà del tempo e dei soggetti mutevoli arrivano ad essere insormontabili, e finisco col rassegnarmi dicendomi che sono l’esperienza e il piccolo lavoro di ogni giorno che a lungo andare maturano e permettono di completare un quadro o di farlo più esatto. Perciò il lavoro lento e continuo è la sola strada, e qualsiasi ambizione di far bene è sbagliata. Perciò è meglio rovinare le tele montando sulla breccia ogni mattina, che riuscire a farle. Per dipingere sarebbe assolutamente necessaria una vita tranquilla e regolata [...]. Se, diciamo, non dovessi più dipingere, che cosa potrei fare? Eh, bisognerebbe inventare un processo pittorico più veloce, meno costoso di quello all’olio, e ugualmente duraturo. Un quadro... Finirà col diventare banale come un discorso, e un pittore un essere in arretrato di un secolo. Eppure è un peccato che sia così. [...] E ora andrò all’attacco dei cipressi e della montagna.
AVEVO INCOMINCIATO FIRMARE I QUADRI, MA HO SMESSO SUBITO, MI SEMBRAVA TROPPO CRETINO. Su una marina c’è un’enorme firma rossa, perché volevo fare una nota rossa nel verde.
È veramente un fenomeno strano che tutti gli artisti, poeti, musicisti, pittori, siano materialmente degli infelici - anche quelli felici [...] Ciò riporta a galla l'eterno problema: la vita è tutta visibile da noi, oppure ne conosciamo prima della morte solo un emisfero?
I pittori - per non parlare che di loro - quando sono morti e sepolti parlano con le loro opere a una generazione successiva o a diverse generazioni successive.
È questo il punto o c'è ancora dell'altro? Nella vita di un pittore la morte non è forse quello che c'è di più difficile.
Dichiaro di non saperne assolutamente nulla, ma LA VISTA DELLE STELLE MI FA SEMPRE SOGNARE, come pure mi fanno pensare i puntini neri che rappresentano sulle carte geografiche città e villaggi. Perché, mi dico, i punti luminosi del firmamento ci dovrebbero essere meno accessibili dei punti neri della carta di Francia? Se prendiamo il treno per andare a Tarascon oppure a Rouen, possiamo prendere la morte per andare in una stella. Ciò che però è certamente esatto, in questo ragionamento, è che essendo in vita non possiamo arrivare in una stella, non più di quanto, essendo morti, possiamo prendere il treno.
Comunque non mi sembra impossibile che <le malattie> possano costituir dei mezzi di locomozione celeste, così come i battelli, gli omnibus e il treno sono mezzi di locomozione terrestri. Morire tranquillamente di vecchiaia sarebbe come viaggiare a piedi.
V.Van Gogh
sabato 25 ottobre 2008
In una nebbia
La nebbia si dirada
i primi a emergere sono gli occhi
avvolti dal bianco
di un inverno passato
le labbra ancora nascoste
mormorano in ruscelli sotterranei
non ancora in canti
gli uccelli al mattino scuotono foglie
cadono rosse scricchiolano croccanti
la nebbia si dirada
e apre un tempo nuovo
indefinito, non nominabile in nessuna stagione
sconosciuto e ampio di possibilità
non cancello il passato, lo lascio su un uscio
fruscia ancora ma non addolora più
è mio, comunque sia.
Assaporo il gusto di guardare avanti.
venerdì 24 ottobre 2008
Appassire
Inquietanti rose
bianche e rosse
stese come corpi
Inquieta passo
per corridoi dai molti colori
non riesco a entrare
in nessuna stanza
Luce a intermittenza
Sveglia a volte
poche per costruire una vita
Che appassisce
e, in un sogno, passa.
lunedì 20 ottobre 2008
Un abbraccio
Un abbraccio
scioglie il ghiaccio
scioglie tutto
pure gli occhi
e due adulti disillusi
giocan caldi, son marmocchi
con i corpi, per un attimo,
amorevolmente fusi.
domenica 19 ottobre 2008
Passo
Esco con un gesto audace
dal cono di luce degli specchi
Il buio mi acceca più di prima.
E' un baratro o una salvezza,
rischiare?
Dalla domanda
mi accorgo che ancora
non ho mosso un passo.
Per te.
Anime gemelle
Sono come uno spirito
che nell'intimo del suo cuore ha dimorato,
e le sue sensazioni ha percepito, e i suoi pensieri
ha avuto, e conosciuto il più profondo impulso
del suo animo: quel flusso silenzioso che al sangue solo
è noto, quando tutte le emozioni
in moltitudine descrivono la quiete di mari estivi.
Io ho liberato le melodie preziose
del suo profondo cuore: i battenti
ho spalancato, e in esse mi sono rimescolato.
Proprio come un'aquila nella pioggia del tuono,
quando veste di lampi le ali.
P.B.Shelley
sabato 18 ottobre 2008
Jazz in immagini vive
Sì, la musica parla più forte di ogni parola. E lo diceva Bird, Charlie Parker.
Ma alcune immagini riescono a suonare.
Quelle che J.M. Basquiat ha tirato fuori hanno una forza che passa dalla magia sotterranea e sciamanica e si libera in una contemporaneità frantumata.
Andate a vedere i suoi quadri. Le sue linee. Ogni linea ha un significato, diceva J.M. Basquiat.
E vi innamorerete di questo genio bambino dalla faccia seria e dalla scioltezza colorata dei gesti. E sentirete suonare dentro Miles, Bird, Dizzie.
Veloce scivola il colore in tratti d'acqua e saliva
e dita scendono salgono a tenere un segno, scoprirlo
allungarlo fino al piacere del disfacimento
del punto di non ritorno
perdersi su un foglio
è difficile come nel mondo
perdersi scivolando
fili spezzati
crolla il corpo
s'accascia minuto
poi si solleva
un passo
gigantesco
prima di posarsi sulla strada
di un volto.
giovedì 16 ottobre 2008
mercoledì 15 ottobre 2008
Ascoltare
Strattonata
Incespicante
Insofferente
Indecisione
Pianto e mollo
E poi di nuovo
Poi ritento
Ogni attimo in un tempo
Che non va
Si ferma a volte
Come fosse preso a botte
Si ripara
Si rannicchia
Parla piano
Sottovoce
Quasi tace
Però guarda
Perché sente
Tutto attorno
Tutto dentro
Tutto va
E poi non torna
Dove sta quella carezza
Non si trova, è già passata?
Ora ancora un po' tremante
Tra le note mi distendo
Il respiro torna lento
Passa un poco lo sgomento
Chiudo gli occhi
Eccoti qua.
lunedì 13 ottobre 2008
Tra il pensare e il fare
Sono sempre quasi sconvolta dalla concretezza che ci vuole nell'atto della creazione.
E non riesco mai a comprendere come si possa conciliare il pensiero con il fare.
Non si può solo pensare, non si può soltanto fare. E' questo equilibrio che è da sondare.
Giorni di fervore e giorni che passano vuoti. E non è una questione di intenzione.
Riuscire a lasciarsi fluire senza ansia, ascoltando. Sì, ma perché fremo?
Non riesco ancora a capire, temo.
Ma quel che è più sconveniente è che non ho voglia di far niente.
giovedì 9 ottobre 2008
Mia bimba malinconica
Vieni da me, mia bimba malinconica
Sorridi e non essere triste
Tutte le tue paure sono sciocche fantasie, forse sai
tesoro che amo te.
Ogni nuvola ha una linea d'argento
Aspetta che il sole vi splenda attraverso
Sorridi, mio caro tesoro, mentre ogni lacrima ti bacio via
O arriverà anche a me la malinconia.
Traduzione delle parole di My Melancholy Baby scritte da George A. Norton.
martedì 7 ottobre 2008
domenica 5 ottobre 2008
Almost blue
Quasi blu
Quasi facendo cose che facevamo noi
C'è una ragazza qui ed è quasi tu
Quasi
Tutte le cose che hai promesso con gli occhi
Le vedo nei suoi
Ora i tuoi occhi sono rossi di pianto
Quasi blu
Flirtando con questo disastro, lo sono diventato
E ne ho preso il nome da stupido che voleva esserlo
Quasi blu, è quasi commovente, quasi sempre lo sarà
C'è una parte di me che rimane vera, sempre
Non tutte le cose buone finiscono, ora solo alcune poche e scelte
Ho visto una coppia così triste
Quasi me
Quasi tu
Quasi blu
Traduzione delle parole di Almost Blue, scritte da Elvis Costello per Chet Baker. Il termine blue originale è veramente intraducibile: contiene il significato del colore e dello stato d'animo, una tristezza malinconica. Avrei potuto tradurlo con giù, anche per motivi di suono, ma avrebbe perso il colore, che è importante. Ho preferito usare il più vicino, anche se impreciso, blu.
Un piccolo verde omaggio
A un nuovo intenso blog, il blog di Nunzio Rotondo:
www.nunziorotondo.splinder.com
Questi segni improvvisati sono venuti fuori ascoltando il suo Suono Verde.
I limoni
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
lo, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.
Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.
Eugenio Montale, da Ossi di seppia 1920-1927
sabato 4 ottobre 2008
Ho avuto
venerdì 3 ottobre 2008
Dopo che te ne sarai andato
Dopo che te ne sarai andato e in lacrime mi avrai lasciato
Dopo che te ne sarai andato, non potrai negare
Ti sentirai infelice, triste sarai
Ti mancherà la più cara compagna che abbia avuto mai
Arriverà il momento, non dimenticarlo
Arriverà il momento In cui ti pentirai
Un giorno, sempre più solo,
Il tuo cuore andrà in pezzi come il mio e mi rivorrai
Dopo che te ne sarai andato, dopo che te ne sarai andato via.
Dopo che me ne sarò andata, dopo che ci saremo separati,
dopo che me ne sarò andata ti sveglierai
Capirai che sei stato cieco
Hai permesso a una di cambiarti in modo così bieco
Dopo tutti gli anni passati insieme
In gioia e dolore, in tutti i venti
Un giorno, triste e scoraggiato ti troverai
Sentirai il bisogno di me come all'inizio dei tempi
Dopo che me ne sarò andata, dopo che me ne sarò andata via.
Traduzione delle parole di Henry Creamer e Turner Layton