domenica 30 novembre 2008
Angeli mascherati
sabato 29 novembre 2008
Un groove liberatorio
Traduzione di 50 ways to leave your lover di Paul Simon
E questa è l'interpretazione in jazz:
Una sorta di paradiso
Non c'è niente di più difficile per un pittore veramente creativo del dipingere una rosa, perché prima di tutto deve dimenticare tutte le altre rose che sono state dipinte.
H. Matisse
sabato 22 novembre 2008
Le musiche di Matisse e Picasso
Ho trovato per un caso fortuito questo cd. Mi è venuto incontro, nel suo rosa squillante e con i capolavori L'acrobata di Picasso e Il Nudo Blu di Matisse sulla copertina. C'è una bellezza fuori, c'è una bellezza meravigliata dentro, ascoltando i due cd che contiene e c'è una bellezza nel testo critico che si scopre all'interno. E' in francese e in inglese. L'ho tradotto, per comprenderlo meglio e per condividerlo. Ce ne fossero dischi così. Se vi viene incontro un giorno, mentre pensate ad altro, aprite le orecchie come se fossero braccia e stringete i suoni dentro. Chiudete gli occhi e pensate ai segni lasciati da questi due grandi pittori. I colori vi esploderanno dentro con la delicatezza inesorabile di una rosa che sboccia. E i pensieri si faranno semplici e sonori, si solleveranno sulle punte per elevarsi in equilibrio su un mondo tanto scosso e incomprensibile nella sua ordinarietà da richiedere un equilibrio da acrobati e un'eleganza blu.
Ma, prima di leggere, vogliate deliziarvi:
"Il mio sogno musicale è ascoltare la musica delle chitarre di Picasso". Questo era il desiderio di Cocteau, alto sacerdote dell'unione di tutte le arti, scrittore, creatore di schizzi, regista e forza trainante del Gruppo dei Sei. Senza la presunzione di avverare il suo sogno, questo CD offre l'opportunità di ascoltare la musica che ha influenzato profondamente la sensibilità di Matisse e di Picasso e che è stata una fonte perenne della loro ispirazione. Alcune delle registrazioni sono state fatte da musicisti che i due artisti conoscevano e apprezzavano (tra gli altri, Cortot, Gershwin, Menuhin).
Mia traduzione del testo originale di Frédérique Ait-Touati, che accompagna "Les musiques de Matisse-Picasso", etichetta Auvidis
venerdì 21 novembre 2008
Quanto è profondo l'oceano (quanto è alto il cielo)
Quanto ti amo?
Niente bugie
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Quante volte al giorno penso a te?
Quante rose sono cosparse di rugiada?
Quanto lontano viaggerei
per essere dove sei
Quanto è lontano il viaggio
da qui a una stella?
E se mai ti perdessi
Quanto piangerei?
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Quanto ti amo?
Niente bugie
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Quante volte al giorno penso a te?
Quante rose sono cosparse di rugiada?
Quanto lontano viaggerei
per essere dove sei
Quanto è lontano il viaggio
da qui a una stella?
E se mai ti perdessi
Quanto piangerei?
Quanto è profondo l'oceano?
Quanto è alto il cielo?
Traduzione di How deep is the ocean (how high is the sky) di Irving Berlin.
martedì 18 novembre 2008
Il blue che in rapsodia toglie ogni blu
Mi piace pensare alla musica come a una scienza di emozioni
George Gershwin
sabato 15 novembre 2008
Fuochi infatuati
A volte succedono cose che non ti aspetti. Succedono così, senza avvertire, senza chiedere, senza rumore. Senti una musica e senti che devi seguirla. Così. Perché ti piace non lo sai, ma sai che il tuo orecchio e i tuoi occhi la vedono. Non sai dove vuole portarti e non sai cosa vuole da te. Ha solo la necessità di farsi sentire e dirti che esiste. Che è venuta fuori e deve andare e fermarsi per poi andare ancora dove non si sa. Un pifferaio magico, un incantatore di serpenti, un accendino che prende colore e una sigaretta che vola via, un sorriso che si riempie del mondo, panni stesi che si staccano dalle mollette e si mettono a ballare, la gente intorno che non vedi e le voci che non senti. Senti solo una musica non suonata, la senti nelle immagini e nei suoni di una voce, la senti nella testa, nelle mani, nelle parole, nelle ciglia lente che assaporano ogni nota. Stai bene. E non sai perché. Perché? Perché non importa. Hai addosso un grazie che fa male e brucia forte negli occhi. Una parola, una parola detta si perderebbe esplodendo. Hai freddo, sonno, tremi e senti un macigno sullo stomaco che ti toglie la voce. Ma stai bene. E continui a seguire la musica addosso ai passi che vagano e girano, voltano, ritornano e se ne vanno, rigirano e tornano e ogni posto già visto è diverso. Una piazza diventa una giostra e un circo, un fuoco per terra si fa sole, si spegne tutto in un attimo. Un cortocircuito e una scarica elettrica che paralizza. E poi sparisci, non ci sei più. Ci sono due occhi che si abbassano. Continui a seguire la musica mentre diventi sempre più piccola fino a scomparire in un casco. Senti poi qualcosa che ti cade sulle guance senza freno. Allora acceleri e spegni tutto, ma non ci riesci.
Molti anni dopo ritrovi queste parole scritte per chi cantava le note di John Coltrane passeggiando con te e ti ricordi che eri meravigliata, in estasi. Era un ragazzo dagli occhi grandi e verde grigio. Una volta mi scrisse: prometti di non smettere mai di scrivere.
Di lui, insieme alla musica, è rimasta questa promessa tra le mie cose preferite.
lunedì 10 novembre 2008
La Tartaruga
Questo è stato il mio primo disco. Lo ascoltavo portandomi appresso un mangiadischi arancione che tenevo come fosse una borsetta. Ho sempre adorato le tartarughe. E questa voce, gentile, allegra e lieve come solo i poeti sanno esserlo, è una delle più dolci per me:
sabato 8 novembre 2008
Frutti
Il fruttivendolo di qui ha un negozietto dalle luci calde che illuminano la frutta e la verdura come gioielli raccolti in piccole ceste. Pomodori di rubini, insalata di smeraldo, banane d'ambra, uva di giada.
Nella mia città il fruttivendolo ha solo gli occhi preziosi, due turchesi. E' la prima persona che vedo la mattina. Mi affaccio dal balcone e sta là sotto. Magro magro e giovane, ha braccialetti d'oro ai polsi dalle mani sporche di terra. Le unghie, le unghie soprattutto hanno una linea nera netta, come se si portasse appresso, sulle dita, cinque orizzonti per mano. C'è gente la mattina, la via che sta sotto casa è piena di negozi di alimentari, accanto il panificio e accanto il caseificio rendono la strada, quel pezzo di strada, piena di donne che entrano ed escono cariche di buste bianche gonfie di verdura, pane, formaggi. Frettolose le donne, scure in viso, tirate. Quando si riconoscono, sorridono. Chiedono dei loro figli, perlopiù. I loro figli non ci sono, sono in altre città. Tra di loro ne parlano come di uomini partiti al fronte piuttosto che per città universitarie.
Qui a Roma il fruttivendolo è tra un negozio di abbigliamento e una pizzeria al taglio. Sta sempre dentro. Ordinato, calmo, cortese.
L'uomo dagli occhi turchesi, invece, è agitato. Urla invece di parlare. Ogni tanto si mette le mani tra i biondissimi capelli lunghi, prima di aggiustare le casse di frutta esposte fuori, che intralciano la strada. Le sue braccia, da magrissime, si tendono di muscoli nudi all'aria salmastra, di scirocco.
Il suono secco della lattuga che si spacca sotto l'acqua è verde.
Devo accendermi una sigaretta e sedermi a osservare fuori.
Lascio correre l'acqua sulle foglie prive di un centro, ora sono tutte sparse e spaurite.
Ho comprato stamattina il cespo d'insalata, al mercato di frutta e verdura, non sono andata dal fruttivendolo.
Il vociare forte e invadente mi ha messo allegria.
Non sapevo che banco scegliere, mi sembravano tutti uguali. Ma ognuno espone diversamente tutti quei frutti della natura, a caso. Un caso che rispetta il carattere di ognuno. Una donna giovane dai denti di vecchia era molto accurata. Tutto chiuso in piccole buste di plastica trasparente, confezioni monodose al passo con il dilagante starsene da soli di molti.
Dietro un altro banchetto, un vecchio giovanotto (o un giovanotto vecchio) sembrava ridere di chiunque tranne che di se stesso. Mi sono avvicinata a lui, attratta dal suo berretto poggiato storto sulla testa coi capelli bianchi rasati e occhi appuntiti con striature azzurre, come fossero topazi. Mi ricordavano il ragazzo della mia città. Quegli occhi, ben nascosti, vagavano veloci dal mio viso alle sue verdure. Signorì, questi so' buoni, mi ha detto con la voce da fumatore. Provi, provi e poi si ricorderà di me mentre mangia. Quanti ne metto? I pomodori erano belli, era vero. Piccoli e all'apparenza succosi, rossi rossi. Mezzo chilo, gli ho detto. Il giovanotto ha preso un foglio di giornale, lo ha riempito di grappoli di pomodori e me li ha messi dentro la busta con i giornali che mi penzolava dall'avambraccio piegato. Poi ho preso delle arance, erano grandi come teste di neonato. Le ho accarezzate e mi sono ricordata di quando da piccola tenevo in braccio un cuginetto nato col bitorzolo in testa. In quel periodo ero attratta dagli aquiloni. Una volta, molto più grande, ne ho fatto volare uno, costruito insieme all'unico uomo che abbia saputo amarmi. Eravamo accanto a un mare autunnale e solitario, che riempivamo con grida di meraviglia per un aquilone che riusciva a stare alto, che tirava il filo trasparente in cerca di libertà e con la coda dai fiocchi di nastri rossi e arancioni, come quei pomodori e quelle arance.
Lasciai andare l'aquilone, si perse nel cielo, lo guardai vibrarsi in una libertà senza peso e senza meta. Lasciai quell'uomo, che trasformò il suo dolore in forza. Io imparai la struggente lezione che la libertà senza un filo che la regge è sbando.
Metto l'insalata in una coppa insieme ai pomodori. Leggo i giornali nel mio tempo ancora indefinito. Guardo le arance e sogno gli aquiloni.
venerdì 7 novembre 2008
Ci si contorce
in sforzi quotidiani e sbatte nell'aria un'essenza che non s'espande attende senza sperare spera strappando al sonno una libertà piccola come un gesto nel tempo e nel modo, continua giorno per giorno a cercare abbassando le spalle chinando la testa ma solo da fuori si vede, ché dentro è un fiorire e imparare per gusto piacere amore e brilla lo sguardo non visto e si eleva scivola nella giusta direzione che non è giustizia è quel che è, suono di un colore nato per sbaglio e sorpreso a respirare senza sconquasso lieve lieve come se volesse sparire per non dare fastidio e intanto cambia le vite di chi l'ha tirato fuori in una distrazione passione di tenera ribellione impreparati a saperlo vedere e a posare su un foglio su un legno o una tela su ali di vento su voli autunnali su sogni all'indietro su foglie tremanti o tappeti volanti.
Ci si contorce
nasciamo nel tumulto di un cielo in subbuglio e ci inarchiamo di improvvisa bellezza che dura ben poco sfumando di timidezza torniamo a sentirci un colore non visto che colora la luce.
giovedì 6 novembre 2008
domenica 2 novembre 2008
Essere
Essere più forti della propria tristezza
Non abbandonare il dolore della mancanza
di una carezza
Ma immergersi dentro, sapendo riemergere
senza niente tra le mani, solo con un soffio
di bellezza.