mercoledì 3 dicembre 2008

Colori proibiti e un baleno

Stavo andando a sbattere.


Tra la pioggia battente e i vetri appannati, tra l'asfalto liquido e scivoloso e impreciso come una pennellata troppo imbevuta d'olio e trementina, tra i clacson che coprivano il rumore degli alberi al vento e tra un motorino a destra e uno a sinistra a sfrecciare come perline in fili di nylon, tra chioschetti di fiori sistemati su apecar, sfasciacarrozze con mille portiere stese come fossero panni e gomme con le scritte bianche disegnate a mo' di graffiti rupestri e facce dubbie a contrattare, tra donne che correvano verso l'autobus con i figli in braccio avvolti in giacchetti impermeabili, tra altre donne ad aspettare umiliazioni strumentali, tra ragazzi africani sorridenti e altrettanti preoccupati, tra gru stagliate immobili nel loro perenne giallo ocra, tra palazzi dall'architettura omicida, tra chiazze di un verde testardo che è solo di Roma, tra tutta questa vita e tra macchine in movimento, si stagliava altissimo a semicerchio un arcobaleno di rara nitidezza. La vista inaspettata mi ha tenuta con gli occhi al cielo e in quell'istante, mentre stavo andando a sbattere, mi si è chiarita d'un tratto la monumentale semplicità della natura: come se desse a tutti i colori sciatti e sfatti di una via a grande scorrimento una delicatezza non vista, come se li riportasse su, in un arco più ampio di quanto si possa intuire, altrove, in un riscatto momentaneo di bellezza. Stavo andando a sbattere contro un pregiudizio. Ho sorriso per un bel pezzo. Mi ha salvata un arcobaleno.