sabato 19 dicembre 2009

Si chiudono a volte i cerchi. Si uniscono i puntini, come nel vecchio gioco della settimana enigmistica. Mio nonno me lo faceva fare sempre quel gioco. Ero piccolissima. E mi divertivo a dare un senso a punti sparsi su un foglio tracciando una linea che definiva una figura. Difficile unire i puntini che tracciamo in modo apparentemente casuale lungo il corso della vita. Ma a in questa musica per me si uniscono due grandi punti fermi: il Jazz e il Tango. Dà una certa soddisfazione.



 




giovedì 17 dicembre 2009

Le musiche di Hugo Dìaz mi sembrano infinite. In due minuti e mezzo accade di tutto. Mi sbalestra, mi confonde, mi sorprende e scioglie tutto, facendo lievitare una fragranza di pane caldo e croccante da mordere.  



 




mercoledì 16 dicembre 2009

Per pochi. I pochi che amano la poesia. Non quella a buon mercato o quella fasulla o quella narcisa, non quella che si comprende subito, non quella che è risata, non quella delle rime baciate, nemmeno quella che tira pugni, non quella che è dolciastra, nemmeno la amarognola. Non quella dei folli che si credono poeti, nemmeno dei troppo cerebrali, non quella che viene fuori per vanto, non quella che luccica. Nè pianto a dirotto e nè distacco. Quella che apre uno spazio. E che permette di riempirlo.





 









 



 



sabato 12 dicembre 2009

Cos'è la nostalgia del futuro? Forse è dentro quelle musiche che ricordano eventi non ancora avvenuti e che già si cercano in un'attesa densa.



 



 




giovedì 10 dicembre 2009

Non è meravigliosa la tenerezza?



Io sono un po' stufa di dichiarazioni spavalde di forza, di presunte energie, di volti dai lineamenti aspri, di magrezze di spirito, di concrete arroganze.



Riconoscere ed esprimere la tenerezza mi interessa di più.



 




sabato 5 dicembre 2009

Pensaci bene,

Prima di fare quel passo,

Perché forse domani

Non puoi cambiarlo.

 

Pensaci bene,

Tanto ti ho amato

E tu mi hai mandato nel passato

Forse per amare qualcun altro.


Traduzione di Pensalo Bien, musica di Juan José Visciglio, testo di Luis Alberto López


venerdì 4 dicembre 2009

Tre linee, tre movimenti.


Sentirli insieme mentre si fa un passo. In basso, con i piedi ben piantati a terra, stabili e sicuri. In alto, con il corpo che si tende e si slancia. E in avanti, a fendere l'aria e a incontrare il futuro.


Se si fa un passo indietro, è meglio che sia subito seguito da un giro ampio che riporti il passato a una forza armoniosa.  


L'eleganza è nell'equilibrio di queste tre linee grazie alle quali ci si fa largo tra la massa ingobbita.







mercoledì 2 dicembre 2009

Sentii il tango per la prima volta nelle parole di un uomo incontrato per destino mai avverato. Mi parlò di Buenos Aires, della sua fuga e dell'estasi della musica, della timidezza. Ballava guardando, senza muovere un passo. E mi guardò con occhi di invito. Quando me ne andai sentii uno strappo, come se stessi voltando le spalle a una vita.



Quando ballai per la prima volta, mi sono sentita quell'uomo addosso, era in tutti gli uomini con i quali danzavo, cambiandoli dopo averne conosciuto l'indole, sciogliendo gli abbracci con un grazie smemorato.



Il corpo era libero, libero di intrecciarsi e di sbrogliarsi a piacimento. Ma la concentrazione sui passi era la stessa, a prescindere dal compagno di turno. Come scrivere a ogni passo parole. Scrissi a quell'uomo una frase, cercai di farlo in modo intenso, aspettando finché ogni parola non fosse necessaria e densa. Ti aspetterò senza aspettarti. Nove passi. Nove vite. Gome i gatti. E ad un tratto, con le scarpe rosse, saltai su un tetto.



 




sabato 21 novembre 2009

Senti la musica. Seguila. Entra nell'abbraccio e sentiti libera. Lasciati guidare opponendo resistenza, una resistenza dalla quale si sprigiona energia. Chiudi gli occhi. Fidati. E danza.



 




mercoledì 18 novembre 2009

Era un mattino, l'alba arrivava improvvisa a chiudere una notte e sul letto entravano cinguettii veloci e affannati di un nuovo giorno. Gli occhi si chiudevano dal sonno ma erano grandi e aperti su un attimo, un attimo in cui senza guardarla un uomo cercava le parole da dire a una donna. E le cercava nell'ombra tra la notte e il giorno. Non so cos'è, disse, ma se questo è amare, è bellissimo. Buonanotte. Dopo un silenzio in cui quelle parole le illuminarono l'anima dipingendo il cuore di stelle, la donna lo abbracciò e gli baciò il collo e gli occhi e le labbra. Sapeva che quando il giorno si sarebbe aperto nel pomeriggio, l'uomo sarebbe scomparso. Ma in quel momento gli credette, all'alba è impossibile mentire, come sul punto di morte. E fu un momento che pareva non finire. Dormirono con le labbra sorridenti, anche se sapevano entrambi che il tempo e i momenti e la musica più sono belli, più finiscono troppo presto. E così fu.



 




Charlie Parker

venerdì 13 novembre 2009

Eh, l'adoro.

sonny rollins

Quanto c'è da imparare...




Cerco di imparare talmente tante cose. Cerco di suonare ogni volta in modo fresco e ritmicamente cerco sempre di inventare, sai. Cerco anche di suonare il mio strumento con un alto livello tecnico. Devi avere sempre qualcos'altro da fare andare avanti, sai. Sono il primo a sapere che ho un mucchio di lavoro da fare e c'è un sacco di roba che non faccio.


Quando ho iniziato non studiavo tanto, suonavo in modo più o meno naturale... Bird mi ha ispirato a studiare e a provarci seriamente. La musica è qualcosa che devi tenere sempre in allenamento costante perché la puoi scordare facilmente. Devi sempre esercitarti o lavorare tutto il tempo con quello che hai imparato. E' talmente facile scordare le cose che hai suonato. Tutti, sono sicuro, fanno cose che suonano bene sul momento ma che poi scordano.


Il Jazz è una forza del mondo molto importante, credo. E' l'unica cosa che tiene tutti uniti insieme in una causa comune. La gente semplicemente non ne capisce tanto. Non solo sulla musica in se stessa, ma che è una forza per creare relazioni tra la gente. Il jazz comunica a tutti. In Europa non ho mai avuto problemi di linguaggio. E mi rende proprio orgoglioso servire il jazz con le mie capacità. Mi fa sentire molto orgoglioso essere associato al jazz.


Sonny Rollins


(dalle note di copertina di Contemporary S7564 Sonny Rollins and the contemporary leaders: Barney Kessel, Hampton Hawes, Leroy Vinnegar, Shelly Manne; prodotto da Lester Koenig, Original Jazz Classics, Universal, prima edizione Ottobre 1958, rimasterizzato il 1988)


 

mercoledì 11 novembre 2009

Questa canzone torna sempre. Nessun'altra spiega la lunga traiettoria dell'illusione e disillusione. Dolcissime entrambe, in modo diverso. Spero che qualcuno un giorno riesca a suonarla per me.



 




lunedì 9 novembre 2009

 ... e il linguaggio umano è simile ad un tamburo rotto su cui battiamo melodie per farci ballare gli orsi, mentre ciò che desideriamo è fare musica che commuova le stelle. 


Gustave Flaubert

domenica 8 novembre 2009

Un tempo

Non conosco ancora il significato, ma so che è grande, di tutto quello che è successo tra me e te. Non leggerai mai queste parole. Forse le hai sentite mentre ti guardavo andare via trascinando la valigia sulla strada bagnata e portando il sax in spalla. Andavi verso una notte lacerante. Spesso ti ho raccolto, unendo le mani come fossero una coppa. Ora non è più il tempo, e il tempo non c'è. E' finto. Ma non è finito. Si è chiuso. Si riaprirà con uno sforzo immenso. Credo. E credo nel tuo talento, più grande di te.



 




giovedì 5 novembre 2009

martedì 3 novembre 2009

Il circo. Chi lo detesta, chi lo ha nel cuore. Chi tutti i giorni è ammaestrato, chi ammaestra, chi danza, chi vola afferrando trapezi. Con o senza rete di protezione. Chi ha il naso rosso, chi gli occhi dipinti, chi si veste di piume, chi si pavoneggia, chi presenta, chi batte le mani, chi viaggia in una roulotte, chi sogna, chi non ha tempo per sognare, chi è un nano, chi mangiafuoco, chi donna cannone, chi scimmia, chi si arrotola la proboscide, chi schiocca la frusta, chi è il fieno, chi stacca i biglietti, chi si cuce il vestito, chi ruggisce, chi è zucchero filato, chi offre fiori di carta, chi è gabbia. Chi vive.



 




lunedì 2 novembre 2009

mercoledì 23 settembre 2009

Mi piaceva da morire il brano di Monk, 'Round Midnight e volevo imparare a suonarlo. Così ogni sera, dopo averlo suonato, andavo da Monk e gli chiedevo "Come l'ho fatto stasera?" E lui, tutto serio: "Non bene". La sera successiva, uguale e quella dopo, per diverse sere. Mi diceva "Non si suona così" a volte con un'aria esasperata e maligna. Poi una sera glielo chiesi nuovamente e lui mi disse "Sì, si suona così." Mi rese più felice del più felice dei bastardi, più felice di un maiale nella merda. Avevo trovato il suono. Era uno dei pezzi più difficili.  


 Miles Davis



 




lunedì 21 settembre 2009

Sophisticated lady






Dicono che nella tua vita arrivò presto un amore

E nel tuo cuore bruciò una fiamma

Una fiamma che tremò un giorno e si spense

E poi, con gli occhi profondamente disillusi

Hai imparato che gli sciocchi innamorati rinsaviscono presto

Gli anni ti hanno cambiata, in qualche modo

Ti vedo adesso

Che fumi, bevi, non pensi mai al futuro, con nonchalance

E diamanti lucenti, balli, ceni con qualche uomo al ristorante

E' tutto quello che vuoi davvero?

No, donna sofisticata,

Lo so, ti manca l'amore che hai perso tanto tempo fa

E quando nessuno ti vede,  piangi





 







 




 Parole: Mitchell Parrish, musica: Duke Ellington e Irving Mills (1932)

mercoledì 9 settembre 2009

Yeah!

Eh no, stavolta non oso perdermelo. Aspettavo che tornasse qui. Si vola, si vola di nuovo:



 




Meravigliosamente nato nel primo Novecento, questo standard continua a incantare:


 


 


martedì 8 settembre 2009

Stella cadente

Stretto tra i tetti il cielo stravolto

Parco di stelle strattona lo sguardo

Caldo di attrito un chiarore di fuoco

Brucia nel tempo lo spazio e fa un'eco:

Un grido soppresso rivede la luce.

Tempi

1931 



 





1941 





 



1966 



venerdì 4 settembre 2009

Qualcuno

lifeVolteggia il cielo e si scolora acquerellandosi di luce.


Nuvole, ali di piume e di metallo e fiori al davanzale l'attraversano.


Nel frattempo, qualcuno ha deciso di arrivare fin qui universandosi in un corpo che si arrotonda.


E c'è attesa, meraviglia, un po' di sgomento.


Soffia, soffia sempre e che sia dolce, il vento.

giovedì 3 settembre 2009

Due

Diceva di avere spade in casa per scacciare gli spiriti maligni. E mentre lo diceva gli occhi si facevano severi, prima di esplodere in una risata che gli faceva ballare tutto il corpo grande come un globo. Sembrava un lottatore di sumo ma aveva il viso dai lineamenti belli e una risata contagiosa in una mente sveltissima. Le poche volte che ci siamo visti sono state intense, come quando ci si incontra dopo tante vite. La mia vita allora era in bilico. Avevo tanti bivi che non vedevo. Cieca, lo sono ancora. Non vedere le possibilità è peggio che non averne. Due volte in cui vidi colui al quale ero legata da un filo resistente che passava attraverso altre vite e le teneva tutte assieme, in una collana splendida, due volte in cui accaddero cose misteriose e si risvegliarono fatti antichi, si schiusero porte pesanti di negazioni e di irrisolutezza, una luce passò lì in mezzo, uno spiraglio nel quale polvere e farfalle e una visione fecero capolino. Poi un rumore sordo richiuse tutto in una prigione in cui scontare una colpa senza venire a capo del giudizio inflitto e del giudice, piazzato sul mio cuore col diritto degli ingiusti.

Quando visitai la sua mostra, la prima e la più importante, fuggii dal posto dove lavoravo. Corsi d'istinto prima che finisse l'orario di lavoro, corsi e nel tragitto sentii una libertà piena, quella che prende quando senza pensare si riesce a fare la cosa giusta. Entrai nello spazio bianco con il parquet in legno e lui mi accolse come se mi stesse aspettando, era la prima volta che ci vedevamo. Perlomeno la prima volta sottoforma dei corpi di cui eravamo vestiti. Mi illustrò il suo lavoro, che era un viaggio. Dipinte su tavolette minute di legno, le scene di un uomo che per conoscere la verità e la speranza entra dentro se stesso affrontando tutte le avventure più difficili e a volte ilari.

Poi, in un'ala quasi a parte della grande stanza, ecco che venni a contatto con i suoi spiriti, dipinti anch'essi su legno e con tracce di bianco tanto veloci da sembrare scrittura. Scegli, mi disse.

Siediti, osserva e prendi il tuo tempo. Scegli il tuo spirito. Senza esitare, indicai il quadro. Non avevo dubbi e la sensazione era esaltante, perché ne ho sempre avuti. Lui rimase in silenzio e quando credeva che fossi pronta mi spiegò il significato del quadro che avevo indicato: raffigurava una persona che cammina lungo un sentiero in discesa, ed è in cerca. Sopra c'è una luna, alla quale vuole unirsi. E' senza testa, non la riuscirà a raggiungere, il che è impossibile se non con un balzo di follia o di illusione. Era lo spirito ispiratore dei poeti. Scoppiai a piangere.

La seconda volta in cui lo vidi, camminammo per tutta la città. A passo svelto conversammo e ridemmo. Mi raccontò di Roma, di quanto non riuscisse a visitarne il centro perché aveva bisogno di partire dalla periferia per poi conquistarne il cuore, lentamente e in modo duraturo.

Il suo stare ai margini era una manovra di accerchiamento.

Nella città in cui eravamo allora, grigia e veloce solo di lucro, la velocità dei nostri passi era una sfida e una marcia verso la conoscenza. Così mi sembra nella distanza del ricordo. Ci sedemmo finalmente solo quando arrivammo in un ristorante giapponese. Per me era la prima volta che assaggiavo quel cibo che all'inizio spaventa. Mi descrisse ogni pietanza narrandola e regalandomi il gusto di un rito, quasi sciamanico. Decantò i miei occhi. Mi raccomandò di vestirmi di rosso quando fossi stata triste e di invocare il mio spirito.

Ci salutammo, promettendo di incontrarci quando fossi stata pronta a realizzare il mio destino.

Da allora non ci siamo più visti.

sabato 29 agosto 2009

Acqua

Trovo ancora sollievo in pochi posti. Seduta al tavolino di un bar, ad esempio. Che sia nascosto, poco frequentato e anonimo. Riesco a scrivere. L'aria che si muove attorno e quella possibilità di imprevisto, di libertà e impermanenza rendono sensato far scorrere la penna sul foglio, quantomeno naturale.


Non ho una casa, un luogo che possa definire così. Non ho una casa dentro di me. E questa città, che sto imparando a odiare come un amante troppo bello e in preda a crisi adolescenziali, questa città segnata come il luogo in cui abito da amori di passaggio e feroci, riesce ancora a offrire viste magnifiche. Fontane... ne osservo una adesso, zampillante al centro di una piazza larga, un abbraccio che non si chiude, statue plastiche nere di bronzo che si staccano dal bianco delle gallerie attorno a semicerchio tutte fredde di marmo e stemperate dai ricami finemente cesellati sulle arcate. Sollievo nell'afa. E' questo crescere? Raffreddarsi in una forma, possibilmente elegante e immobile e rassicurante.


Acqua, invece. Il centro di ognuno è sempre in movimento. Scorre e si ferma in istanti di luce, diamanti istantanei sospesi in aria prima di rituffarsi in discesa e in spruzzi nella vasca del tempo che tutto riporta in superficie. Dove andare, adesso? Come fare a far cadere illusioni, sempre nuove e sempre le stesse, inesistenti per natura eppure così forti nella loro pervicacia d'erbaccia? Lasciare che risalgano e poi ancora, giù e in alto.


La gente che lavora nei bar ha pelli scure, occhi altri. Tutto si regge sulle loro mansioni. Mi guardano con curiosità e pesanti di giudizio estemporaneo. Una donna seduta da sola che scrive, da loro forse non esiste o si nasconde o ha cose ben più importanti da fare. Ma tutto passa nella loro testa con il pensiero di come pagare un posto in cui dormire e chissà in quanti. Lascio un po' di spiccioli in mancia. Un sorriso mi cade addosso, spontaneo, poi si perde nell'aria torrida di rassegnata incertezza.

martedì 28 luglio 2009

Ecco, se fossi una cantante, mi piacerebbe cantare questo pezzo proprio così:



 




mercoledì 22 luglio 2009

E riascoltiamoci un po' di vecchio allegro Jazz, va. Arzillo, forse, è l'aggettivo?



 



 




martedì 21 luglio 2009

giovedì 2 luglio 2009

Libertà

Mulini a vento


Peonie dal rosa che sfugge


Tulle rosso


Affondare le dita nella libertà di un gatto


Giocare


La lingua senza troppe parole


Farsi ripetere una frase


Osservare il cielo del nord, è più vicino


Le nuvole a portata di mano, sogni possibili


Uno sguardo addosso


Un bacio di nascosto


E nessun moralismo


Giocare ancora


Sporcarsi le mani


Fare la doccia


Sporcarsi ancora di terra


E d'amore

venerdì 12 giugno 2009

Folle partenza

L'abbraccio all'arrivo

Semplice ha sciolto

Assurdità di pensieri

La pienezza è esplosa

Una rosa tra le labbra

E le labbra arrese

A una danza

Di sguardi

Al vortice impazzito

Di farfalle e di luce

Di rosso e turchese

E pioggia tra i denti

Che mordono speranza

giovedì 4 giugno 2009

Come fa un bacio a scaraventare fuori tutta questa fretta di andare, di osare, come fa a smuovere da dentro, a scombussolare piani, a far dimenticare ogni buon senso?

Com'è che fa a non far considerare ragioni, a far dire che è vero che non ha motivo, che è un azzardo, come fa a far soprassedere sulla certezza di soffrire, sulla consapevolezza che comunque dovrà finire, come fa un bacio a regalare tutta questa sfrontatezza, a far superare l'incertezza, a far volare? Come fa a far vincere il desiderio sul raziocinio, a non far desiderare altro, a far chiudere le orecchie e a non far sentire i ma, i non dovresti, i non è giusto. Come fa a resistere quel gusto e ad espandersi tanto da convincere tutti i sensi e tutti i pensieri? Come fa ad annebbiare la lucidità, a fare accelerare il battito, il respiro e a colorare gli occhi?

Se questo stato di inebetimento durasse più del tempo di un bacio, per vivere forse non si avrebbe tempo. E cosa importa, direbbe il bacio facendo tacere di nuovo tutto.

martedì 2 giugno 2009

Quel che si prende per ardire era soltanto la difficoltà provata nel fare questa o quella cosa. Così la libertà è in realtà l'impossibilità di seguire la via battuta da tutti gli altri; la libertà consiste nel seguire il cammino che le vostre qualità propendono a farvi imboccare.


H. Matisse


Da Scritti e pensieri sull'arte, edizioni Abscondita.

giovedì 28 maggio 2009

Canzone


Se spazio e tempo, come i saggi dicono,


sono cose che mai potranno essere,


la mosca che è vissuta un solo giorno


vissuta è a lungo proprio come noi.


Dunque viviamo per quanto ci è possibile,


finché l'amore e la vita sono liberi:


il tempo è il tempo, e il tempo scorre via,


per quanto i saggi non siano d'accordo.


I fiori a te inviati allorché la rugiada


tremolava sul tralcio rampicante,


prima che l'ape volasse a suggere


la rosellina di macchia erano già appassiti.


Ma noi affrettiamoci a coglierne ancora


senza tristezza se poi languiranno;


se i fiori della vita sono pochi


facciamo almeno che siano divini.


 


T. S. Eliot

sabato 23 maggio 2009

Specchio, dentro

Specchio, dentro

Entro, mi rivolto

Truccandomi

Fino all'annientamento

Alzami i capelli

Rendili gonfi e spettinati

Rendimi credibile

Incredibile di rosso

E togli quel riflesso

Di premonizione

Che mi annienta

Cancella tutto con una

Risata beffarda

Cancella tutto questo tempo

E fammi ricominciare

Da uno scherzo

Da un nonsenso

Raffinato

Di distacco

Da un attacco

Alla finzione

 

lunedì 11 maggio 2009

Bonne nuit

Nonno amava ascoltare e cantare questa canzone. Spesso gli scendevano le lacrime.



Ora che è andato via, le lacrime scendono a me.



Rimangono i suoi quadri, disegnati e dipinti con mano raffinata e di gran gusto, rimangono le passeggiate al sole, le conversazioni affettuose incorniciate dal suo linguaggio forbito, rimangono le tante cartoline che mi mandava con le rose e con i fiori, scritte in una grafia elegante. Rimane una sua giacca di lino che portavo spesso per sentire addosso il suo abbraccio. Chissà dove va l'anima di chi va via. Ovunque sia, spero che sia accompagnata dalla musica.



Ciao nonno, ti abbraccio forte e canto con te.



 




sabato 2 maggio 2009

Grande

Grande. Grande sorriso, decorato di dolci smorfiette

Enorme come la terra e gentile come nuvola che s'apre

Il mio timore si è trasformato in piacere in un momento

E in un momento mi hai incollata a te, sollevandomi da terra in fumi rossi senza tempo

fino a farmi scordare ogni dolore, mi hai restituito la libertà

di ricominciare, ballando per la prima volta attratta dalla sensualità di un bacio

dato e ricambiato senza alcun perché, senza una conseguenza di tempo, senza estetiche giustificazioni, senza similitudini di passato, senza artistiche fatue attrazioni

Sentire il corpo che segue non la volontà ma il piacere è un mistero salvifico

E' il tuo sorriso.

mercoledì 29 aprile 2009

Amicizia

ric
Ci siamo conosciuti davanti a una fotocopiatrice in un mondo assurdo

Da allora mi hai saputo fare ridere come nessuno ci riesce

Mi hai sorretta in una città che detestavo, portando i miei occhi in giro su un motorino che poteva percorrere tutto il mondo

Ho conosciuto attraverso te la leggerezza, la profondità, la raffinatezza dell'allegria

E il saper scappare da mondi troppo chiusi dall'uscita di sicurezza della stravaganza

Hai sempre saputo trasformare qualsiasi cosa in bellezza, anche un nastro di scotch

E quando hai sentito la tua vita soffocare, ti ho visto fare i bagagli con la velocità dell'acqua che scorre e ti ho visto fluire in una città lontana, di cui conoscevi solo il nome.

Mentre io continuavo a cercare un senso dove il senso è l'unica cosa che non c'è, insabbiandomi in una caparbietà cieca, tu ballavi scavando non in basso, ma nell'aerea sconfinata terra dei desideri,  trovando un senso nei sogni, accettando gli incubi come amici, trasformando anche loro in eccentrici solitari che vogliono solo essere amati e vivendo l'unica via percorribile: essere chi veramente si è.  

domenica 19 aprile 2009

Scott Hamilton

Ha le mani piccine, il sorriso in bilico, una grande ironia nel modo di camminare. E soprattutto un suono grandissimo. Ascoltarlo è un piacere e un onore per il cuore.



 



 




sabato 18 aprile 2009

Questo gioiello è nel dvd su Chet Baker: Let's get lost.



Bruce Weber, grande fotografo, ha fatto uno splendido lavoro. Credo sia imperdibile.



 




E' come raggiungere la luna

E' come raggiungere la luna


E' come raggiungere il sole


E' come raggiungere le stelle


Raggiungere te


Sei così lontano lassù


Come posso aspettarmi che un angelo mi ami?


Chi è così divino come te?


E' come volare senza ali


Suonare il violino senza archetto


E un milione di altre cose


che nessuno può fare


Anche se le mie speranze sono poche


Nel segreto del mio cuore prego che ti arrenderai presto


Anche se è come raggiungere la luna.












Che pezzo magnifico!

venerdì 17 aprile 2009

Per A.


 


Vieni più vicino. Di più. Entra negli occhi. Nel cerchio nero. Ecco. Non è piacevole, vero? Ora non vedi niente ma presto vedrai. Corri. Sbrigati. Attraversa tutti quegli ostacoli, tutte quelle strutture. Sembrano rigide. Lo sono, sono anni di costruzioni. Non fermarti. Quegli ostacoli sono le cose che ho imparato. Sono difese. Fragili. Ancora più in là, so che vedi qualcosa. Non mi fai male. Vai oltre. 


Ecco. Sei impietrito adesso. Ma non chiudere gli occhi, non chiuderli. Io ormai devo tenerli spalancati per non inghiottirti. E per non impedirti di uscire. Io non posso chiuderli, nemmeno un battito. E' la stessa forza di volontà che chiedo a te. Ora non voltarti. Lo spazio è poco. Devi essere preciso. Sì, sto lì. Mi hai trovata finalmente. Per favore, dì a quella bambina di alzarsi, di muoversi da lì. Di riattraversare tutte quelle strutture e costruzioni che hai visto, dille pure che le possono servire se riesce ad arrampicarcisi sopra. Dille di uscire. L'ho rinchiusa lì perché non soffrisse. Lei doveva chiuderli per forza gli occhi, non era pronta. Ma ora ce la può fare, aiutala. Ce la fai. Avanti. Non è stanca, è solo che non ci è abituata. Sì, che si fida di te. Parlale con dolcezza. Io non posso parlarle, non mi ascolta. Ma ti ha riconosciuto. Dille che c'è bisogno di lei. Dille che quando uscirà dovrà ripararsi dalla luce. E che le sembrerà di essere cieca. Sa vedere solo nel buio lei, è lì che si orienta. Ma non è tutto solo buio. Deve vederlo tutto il resto. E' ora. Ed è ora che tu la conosca. Non è come me. E' delicata. E' timida. Non è abituata a stare con gli altri. Ha paura. Ma tu non averne. Vai più vicino. Ancora di più. E prendila per mano. E dalle tanti colori, le piacciono così tanto che non lo sa dire. Ti sta già disegnando. Sorride. E' il mio primo abbraccio.







martedì 14 aprile 2009

Che coppia.

Bertolt Brecht e Kurt Weill.



Mi chiedo perché non si siano reincarnati. A me mancano parecchio.



Nel 1927 hanno tirato fuori questa cosetta qui:



 



sabato 11 aprile 2009

E trema la terra,

la terra trema.

C'è solo una cosa buona:

La verità.

Si scopre il cuore, si apre impaurito.

E si scopre chi proprio no,

chi non ce l'ha.

martedì 7 aprile 2009

Scossa

Ondeggia, prima e mentre, nella premonizione e leva il letto dal riposo, strappa l'àncora e s'inabissa in paure di morte e catastrofi nel sonno, il movimento orizzontale innaturale e di natura pieno; cadono con peso sonoro carte e fogli e ritagli di giornali svolazzano, libri svegliano.

Decidere fuga o abbandono alla fatalità in secondi dilatati, lunghissimi di irrealtà, eppure minacciosi come travi. Un ricordo si vede con gli occhi semichiusi ma sbarrati, un ricordo della prima scossa, scale di corsa, correre in braccio a un ragazzo dalla prontezza di padre. E gente in strada, coperte addosso a riparare geli e a raccontare ognuno lo stesso momento, per farlo passare.

Poter raccontare è dovere e fortuna di chi sopravvive.


giovedì 2 aprile 2009

Docce d'aprile

Quando le docce di aprile arrivano da te,


portano fiori che sbocceranno a maggio


perciò quando piove non dispiacerti perché


non piove pioggia: piovono violette, coraggio.


 


E quando vedi le nuvole sulle colline


sai che porteranno una folla di giunchiglie


tu continua a cercare un  azzurro uccellino


e ascolta la sua musica piena di meraviglie


quando le docce d'aprile si fanno vicine






Traduzione della canzone April Showers, del 1921, musica di Louis Silvers e parole di B.G. De Sylva.








venerdì 13 marzo 2009

L'amore è vero come l'arte antica.


E' una frase che mi è stata donata una sera. Ero a Trastevere, in una pizzeria al taglio. Le pizzerie al taglio sono luoghi che scandiscono il presente. Passaggi di vite, pezzetti caldi di tempo. Un vecchio pittore che abitava lì vicino, con una vita intera appesa al suo corpo musicale di sonaglini e con due occhiali per beffare una vista quasi del tutto scomparsa con il mezzo della ridondanza, come chi ama due persone perché non ha amore, mi ha disegnato quel che vedeva di me su un foglio di giornale, a mia insaputa. Poi mi ha restituito me stessa, ponendo sul foglio quella frase, scritta col gesto dei colori, densa vera e misteriosa come un verso. Penso spesso a cosa voglia dire. L'ho compresa dando il bacio della buonanotte al viso che amo, caldo di sonno e di speranza, prima di andare via col desiderio di restare.  Vorrei aver lasciato lì al caldo la fiducia nei sogni. Antichi come l'amore.

martedì 10 marzo 2009

Vorrei vedere qualcosa di talmente piccolo rotolare dalla bocca

Una parola, una parola insignificante

Uno sbaglio che sbaragli e cambi il corso e il tempo

Una parola sottile, un grido articolato di rabbia

Un attimo in cui tutto cambia, ma per davvero.

Un'affermazione di esistenza, persino una negazione.

Un vomito.

Un rigurgito, qualcosa di fastidioso. Un'insolenza.

Un desiderio.

Si va

E' quando si va via, con aria definitiva, che il dubbio assale.


Andrà bene, farò male?


Cos'è tutta questa bellezza che abbandono?


Magnifico tutto appare, rivelato nel suo ancoraggio interno


La noia del quotidiano si riscopre esaltante, come è esaltante qualsiasi addio


che ha il gusto del definitivo, potere ampio di cui non si dispone


Com'è prima di un viaggio, elettrico di domani


Scoprirsi a vivere un momento per l'ultima volta ha un colore di stupore


Si sa che è così che bisognerebbe vivere


Ma siamo mortali. Umani e dimentichi di andare incontro a una fine.


Se non fosse così, se non sapessimo dimenticare, stolti di infinito,


saremmo talmente felici da non riuscire a sopportare la finitezza della vita.


E così, voltando indietro lo sguardo di sfuggita, con quell'aria addosso si va.






domenica 8 marzo 2009

Un consiglio

autunno




E' il dipinto che in questo momento mi emoziona di più.




E' l'Autunno, immenso, di Cy Twombly.




Ora si trova alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma.




Starci davanti è meraviglioso.




Qui le informazioni pratiche per chi voglia visitare una mostra di rara  sensuale e raffinata bellezza:




http://www.gnam.beniculturali.it/index.php?it/94/mostre/21/cy-twombly




 

sabato 7 marzo 2009

Dixieland londinese


Li ho ascoltati per strada a Londra. Riempivano la piazza di musica. Sono giovani, allegri e divertenti, come tutti i musicisti che suonano le note dei primi del Novecento, a prescindere dall'età anagrafica. Ho preso un loro disco. Hanno un sito internet nel quale si legge:



Lo sviluppo del jazz è una delle storie pù affascinanti e organiche nella musica. Dom James e i  suoi Dixie Ticklers vorrebbero raccontarvi il primo capitolo con un'esplosione atomica di Dixieland.


Unendo alcuni dei più luminosi giovani talenti del Regno Unito ai più vecchi brani dell'archivio di New Orleans, il loro scopo è di intrattenere con eleganza.


Kid Ory, Sidney Bechet, Louis Armstrong e Jelly Roll Morton avrebbero sicuramente approvato i loro arrangiamenti di "When the Saints go Marchin' in", "I wish I could Shimmie like my sister Kate" e "Wild Man Blues". Questi ragazzi sono così esplosivi che persino un entusiasta dello stile di New Orleans come Woody Allen ha una copia del loro disco.


Alcuni brani si possono ascoltare scaricandoli da qui: http://www.dixieticklers.co.uk/






Conforta sapere che un po' ovunque si vada la musica, la buona musica, venga resa vitale.






mercoledì 4 marzo 2009

Senza titolo

Londra, palazzi dalla facciata regale e complicata come privilegio di corona e retro piatto, polveroso e massiccio di tristezza celata.

Londra, col suo odore di moquette che arriva fino in strada.

Scritte dalla grafia a mano sull'asfalto, sulle insegne e le etichette dei vestiti. E' uno scontro di consonanti, lingue a separare i denti, lingue di tutte le inflessioni orientali. Morsi a torsoli di frutta già mangiata.

Londra, dal rosso sangue asciutto di vernice. Londra, un bacio sfiorato nella folla elettrica di un concerto. Gambe affaticate di cammino, voglia ed incertezza. Burka dagli occhi grandi come corpi.

Londra è un ragazzo dal viso che è tutto un entusiasmo, veloce e timido di dolcezza, saggio nei suoi millenni d'altre vite, ha perso o non conosce ancora l'arroganza. T'abbraccia lento e all'improvviso, come un amante, accende le luci degli occhi chiudendoli, offre labbra fresche in soccorso e s'intreccia in un istante alla linea della vita della mano. La percorro con lo sguardo e cerco inutilmente di scoprire a quale minutissima altezza.


mercoledì 25 febbraio 2009

E comunque

volto


E comunque guardando i volti per strada, nell'anonimato della folla, tra occhi sempre più stanchi, tra modernità finte, negli autobus sporchi, tra lo smog degli incroci, in un'urbana sopravvivenza dall'odore di giungla, in un'eleganza sfiorita in abiti dall'odore di petrolio, tra chiacchiere inutili, discorsi frantumati, faccende da sbrigare, luci che un tempo avevano un arancione incantevole e che ora si stinge, tra palazzi color carne, screpolati dalla noncuranza, comunque i volti che contengono una qualche testarda convinzione, speranza, forza e futuro non sono certo più i nostri. Vengono da molto, molto lontano. E i gridi allegri di bambini hanno lo stesso identico suono.

domenica 22 febbraio 2009

Per correttezza

Ho cancellato quello che avevo scritto in un momento di foga. Era una critica aperta con tanto di nomi e cognomi. Non ho cambiato pensiero, ma credo che una certa forma vada conservata. Criticare è sacrosanto e ognuno può esprimere i propri gusti. Ma farlo da un blog in cui si usa l'anonimato non mi pareva corretto. E inoltre la critica, secondo me, appartiene ai critici o a chi fa un mestiere simile a chi viene criticato.


Io non sono né una scrittrice, né un critico, né un musicista.


Sono una persona che ogni tanto si esprime in questo spazio libero che qualcuno forse ogni tanto legge.


Per quel che posso questa libertà credo sia meglio usarla nella direzione di ciò che secondo me vale la pena leggere, ascoltare, imparare e nelle piccole cose che scrivo o disegno senza alcuna velleità. Lasciando tutto il resto tranquillamente e semplicemente fuori.


Tutto qui.

giovedì 19 febbraio 2009

Passi sulle parole

steps on words


Camminare è il modo per far prendere vento ai pensieri, per renderli freschi e liberi.

Un passo dopo l'altro, una parola dopo l'altra e può essere che si arrivi dove si è partiti, ma con qualcosa in più: una visione.

martedì 17 febbraio 2009

Scegliere, signori!

L'arte per l'arte, va bene, cioè l'arte per il piacere; ma la grande figura di Epicuro mi ammonisce che il piacere massimo è nella virtù, nell'armonia, nell'equilibrio, nella dignità. Tutta l'arte contemporanea e quasi tutta quella moderna non conoscono nessuna di queste qualità; al bello si preferisce l'originale.

...

Scegliere, signori! Io per mio conto che mi professo allievo di Marco Aurelio e di Epitteto e di Epicuro, di Amiel e di Maurice de Guérin (e non dico d'altri) ho diritto di scegliere una via intermedia e di invocare quell'arte d'equilibrio di cui ti parlavo. Arte di modesta apparenza e pur ricca di vasti sottintesi: chiudendo un libro voglio poter esclamare: Ecco un uomo! Del resto una piccola confessione: l'arte mi interessa sempre meno! Dove arriverò?

....

 

Eugenio Montale, lettere del 1920

lunedì 16 febbraio 2009

C'è una piccola stellina


Sta sempre lì dopo tutto questo tempo


Si accende di notte


Vicina, come nessuno riesce a starmi


Non dice niente ma mi abbraccia


Con tutta quella luce che fa


La vedo nel buio che non passa


Ma lei ogni sera, vicina nel ricordo, continua


a sussurrarmi nel linguaggio della luce:


Coraggio, vai avanti, passerà.







venerdì 13 febbraio 2009

Sotto pressione

 


Pressione che mi schiaccia

Che preme e comprime come nessuno vorrebbe


Sotto pressione che distrugge un palazzo

spezza in due una famiglia

sbatte la gente in strada

È il terrore di sapere

Cos’è questo mondo

Guardi qualche buon amico

che grida "fatemi uscire"

E che implora il domani, che sia migliore

Pressione sulla gente, gente in strada

che fa tutto a pezzi e prende a calci la mia mente sul pavimento

Questi sono quei giorni in cui le disgrazie

non vengono mai sole

Gente in strada, gente in strada

È il terrore di sapere

Cos’è davvero questo mondo

Guardi qualche buon amico

gridare " fatemi uscire"

Implorare che domani sia migliore

Pressione sulla gente, gente in strada

Ignorare tutto come ciechi neutrali


ma non funziona

Arrivare con un po’d’amore ma è così ferito e lacerato

Perché, perché, perché

Amore

Folli risate sotto la pressione che ci sgretola

Non possiamo darci un'altra possibilità?


 Perché non possiamo dare all'amore quella possibilità?


Perché non possiamo dare amore?

Perché amore è una parola così sorpassata

E l’amore sfida a prenderti cura della

gente sull’orlo del baratro

E l’amore sfida a cambiare

il modo di

Avere cura di noi stessi

Questo è il nostro ultimo ballo

Questo è il nostro ultimo ballo

Questi siamo noi

Sotto pressione

Sotto pressione

Pressione






martedì 10 febbraio 2009

Some of these days...

Canta. Eccone due che si son salvati: l'ebreo e la negra. salvati. Magari si saran creduti perduti fino alla fine, annegati nell'esistenza. E tuttavia nessuno potrà pensare a me come io penso a loro. Nessuno, nemmeno Anny. Per me sono un po' come morti, un po' come eroi da romanzo; si son lavati del peccato d'esistere. Non completamente beninteso — ma quel tanto che un uomo può fare. Quest'idea mi sconvolge d'un tratto, perché non speravo nemmeno più questo. Sento qualcosa che mi sfiora timidamente e non oso nemmeno muovermi per paura che scompaia. Qualcosa che non conoscevo più: una specie di gioia.

La negra canta. Allora, è possibile giustificare la propria esistenza? Un pochino? Mi sento straordinariamente intimidito. Non che abbia molta speranza. Ma sono come uno completamente gelato dopo un viaggio nella neve, che entri di colpo in una camera tiepida. Penso che resterebbe immobile vicino alla porta, ancora freddo, e che lenti brividi percorrerebbero il suo corpo.





Some of these days

You'll miss me honey.






Non potrei forse provare... Naturalmente, non si tratterebbe d'un motivo musicale... ma non potrei forse, in un altro genere?... Dovrebbe essere un libro: non so far altro. Ma non un libro di storia: la storia parla di ciò che è esistito — un esistente non può mai giustificare un altro esistente. Il mio errore era di voler resuscitare il signor di Rollebon. Un'altra specie di libro. Non so bene quale — ma bisognerebbe che s'immaginasse, dietro le parole stampate, dietro le pagine, qualche cosa che non esistesse, che fosse al di sopra dell'esistenza. Una storia, per esempio, come non possono capitarne, un'avventura. Dovrebbe essere bella e dura come l'acciaio, e che facesse vergognare le persone della propria esistenza.

Me ne vado, mi sento incerto. Non oso prendere una decisione. Se fossi sicuro d'aver talento... Ma mai — mai ho scritto niente di questo genere; articoli storici, sì — e ancora. Un libro. Un romanzo. E ci sarebbe gente che leggerebbe questo romanzo e direbbe: è Antonio Roquentin che l'ha scritto, era un tipo rosso che si trascinava per i caffè, e penserebbe alla mia vita come io penso a quella di questa negra: come a qualcosa di prezioso e di semileggendario. Un libro. Ma naturalmente da principio ciò non sarebbe che un lavoro noioso e stanchevole, non m'impedirebbe d'esistere né di sentire che esisto. Ma verrebbe pure un momento in cui il libro sarebbe scritto, sarebbe dietro di me e credo che un po' della sua luce cadrebbe sul mio passato. Allora, forse, attraverso di esso, potrei ricordare la mia vita senza ripugnanza. Forse un giorno, pensando precisamente a quest'ora, a quest'ora malinconica in cui attendo, con le spalle curve, che sia ora di salire sul treno, sentirei il mio cuore battere più in fretta e mi direi: quel giorno a quell'ora è cominciato tutto. E arriverei — al passato, soltanto al passato — ad accettare me stesso.

Scende la notte. Al primo piano dell'albergo Printania si sono illuminate due finestre. Il cantiere della stazione nuova odora forte di legno umido: domani pioverà, a Bouville.



da La Nausea, di J.P. Sartre



 




lunedì 9 febbraio 2009

Uno dei primi pezzi di jazz che ho ascoltato e al quale sarò sempre legata in modo speciale...



 



 




domenica 8 febbraio 2009

Riconoscere le cose per quello che sono.




Non poteva esserci

scempio più atroce


di EUGENIO SCALFARI



 


IL CASO ENGLARO appassiona molto la gente poiché pone a ciascuno di noi i problemi della vita e della morte in un modo nuovo, connesso all'evolversi delle tecnologie. Interpella la libertà di scelta di ogni persona e i modi di renderla esplicita ed esecutiva. Coinvolge i comportamenti privati e le strutture pubbliche in una società sempre più multiculturale. Quindi impone una normativa per quanto riguarda il futuro che garantisca la certezza di quella scelta e ne rispetti l'attuazione.

Ma il caso Englaro è stato derubricato l'altro ieri da simbolo di umana sofferenza e affettuosa pietà ad occasione politica utilizzabile e utilizzata da Silvio Berlusconi e dal governo da lui presieduto per raggiungere altri obiettivi che nulla hanno a che vedere con la pietà e con la sofferenza. Non ci poteva essere operazione più spregiudicata e più lucidamente perseguita.

Condotta in pubblico davanti alle televisioni in una conferenza stampa del premier circondato dai suoi ministri sotto gli occhi di milioni di spettatori.

Non stiamo ricostruendo una verità nascosta, un retroscena nebuloso, una opinabile interpretazione. Il capo del governo è stato chiarissimo e le sue parole non lasciano adito a dubbi. Ha detto che "al di là dell'obbligo morale di salvare una vita" egli sente "il dovere di governare con la stessa incisività e rapidità che è assicurata ai governanti degli altri paesi".

Gli strumenti necessari per realizzare quest'obiettivo indispensabile sono "la decretazione d'urgenza e il voto di fiducia"; ma poiché l'attuale Costituzione semina di ostacoli l'uso sistematico di tali strumenti, lui "chiederà al popolo di cambiare la Costituzione".

La crisi economica rende ancor più indispensabile questo cambiamento che dovrà avvenire quanto prima.

Non ci poteva essere una spiegazione più chiara di questa. Del resto non è la prima volta che Berlusconi manifesta la sua concezione della politica e indica le prossime tappe del suo personale percorso; finora si trattava però di ipotesi vagheggiate ma consegnate ad un futuro senza precise scadenze. Il caso Englaro gli ha offerto l'occasione che cercava.

Un'occasione perfetta per una politica che poggia sul populismo, sul carisma, sull'appello alle pulsioni elementari e all'emotività plebiscitaria.

Qui c'è la difesa di una vita, la commozione, il pianto delle suore, l'anatema dei vescovi e dei cardinali, i disabili portati in processione, le grida delle madri. Da una parte. E dall'altra i "volontari della morte", i medici disumani che staccano il sondino, gli atei che applaudono, i giudici che si trincerano dietro gli articoli del codice e il presidente della Repubblica che rifiuta la propria firma per difendere quel pezzo di carta che si chiama Costituzione.

Quale migliore occasione di questa per dare la spallata all'odiato Stato di diritto e alla divisione dei poteri così inutilmente ingombrante? Non ha esitato davanti a nulla e non ha lesinato le parole il primo attore di questa messa in scena. Ha detto che Eluana era ancora talmente vitale che avrebbe potuto financo partorire se fosse stata inseminata. Ha detto che la famiglia potrebbe restituirla alle suore di Lecco se non vuole sottoporsi alle spese necessarie per tenerla in vita.


Ha detto che i suoi sentimenti di padre venivano prima degli articoli della Costituzione. E infine la frase più oscena: se Napolitano avesse rifiutato la firma al decreto Eluana sarebbe morta.

Eluana scelta dunque come grimaldello per scardinare le garanzie democratiche e radunare in una sola mano il potere esecutivo e quello legislativo mentre con l'altra si mette la museruola alla magistratura inquirente e a quella giudicante.

Questo è lo spettacolo andato in scena venerdì. Uno spettacolo che è soltanto il principio e che ci riporta ad antichi fantasmi che speravamo di non incontrare mai più sulla nostra strada.

Ci sono altri due obiettivi che l'uso spregiudicato del caso Englaro ha consentito a Berlusconi di realizzare.

Il primo consiste nella saldatura politica con la gerarchia vaticana; il secondo è d'aver relegato in secondo piano, almeno per qualche giorno, la crisi economica che si aggrava ogni giorno di più e alla quale il governo non è in grado di opporre alcuna valida strategia di contrasto.

Dopo tanto parlare di provvedimenti efficaci, il governo ha mobilitato 2 miliardi da aggiungere ai 5 di qualche settimana fa. In tutto mezzo punto di Pil, una cifra ridicola di fronte ad una recessione che sta falciando le imprese, l'occupazione, il reddito, mentre aumentano la pressione fiscale, il deficit e il debito pubblico. Di fronte ad un'economia sempre più ansimante, oscurare mediaticamente per qualche giorno l'attenzione del pubblico depistandola verso quanto accade dietro il portone della clinica "La Quiete" dà un po' di respiro ad un governo che naviga a vista.


Quando crisi ingovernabili si verificano, i governi cercano di scaricare le tensioni sociali su nemici immaginari. In questo caso ce ne sono due: la Costituzione da abbattere, gli immigrati da colpire "con cattiveria".



Il Vaticano si oppone a quella "cattiveria" ma ciò che realmente gli sta a cuore è mantenere ed estendere il suo controllo sui temi della vita e della morte riaffermando la superiorità della legge naturale e divina sulle leggi dello Stato con tutto ciò che ne consegue. Le parole della gerarchia, che non ha lesinato i complimenti al governo ed ha platealmente manifestato delusione e disapprovazione nei confronti del capo dello Stato ricordano più i rapporti di protettorato che quelli tra due entità sovrane e indipendenti nelle proprie sfere di competenza. Anche su questo terreno è in atto una controriforma che ci porterà lontani dall'Occidente multiculturale e democratico.

Nel suo articolo di ieri, che condivido fin nelle virgole, Ezio Mauro ravvisa tonalità bonapartiste nella visione politica del berlusconismo. Ha ragione, quelle somiglianze ci sono per quanto riguarda la pulsione dittatoriale, con le debite differenze tra i personaggi e il loro spessore storico.

Ci sono altre somiglianze più nostrane che saltano agli occhi. Mi viene in mente il discorso alla Camera di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925, cui seguirono a breve distanza lo scioglimento dei partiti, l'instaurazione del partito unico, la sua identificazione con il governo e con lo Stato, il controllo diretto sulla stampa. Quel discorso segnò la fine della democrazia parlamentare, già molto deperita, la fine del liberalismo, la fine dello Stato di diritto e della separazione dei poteri costituzionali.

Nei primi due anni dopo la marcia su Roma, Mussolini aveva conservato una democrazia allo stato larvale. Nel novembre del '22, nel suo primo discorso da presidente del Consiglio, aveva esordito con la frase entrata poi nella storia parlamentare: "Avrei potuto fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco di manipoli".

Passarono due anni e non ci fu neppure bisogno del bivacco di manipoli: la Camera fu abolita e ritornò vent'anni dopo sulle rovine del fascismo e della guerra.

In quel passaggio del 3 gennaio '25 dalla democrazia agonizzante alla dittatura mussoliniana, gli intellettuali ebbero una funzione importante.

Alcuni (pochi) resistettero con intransigenza; altri (molti) si misero a disposizione.

Dapprima si attestarono su un attendismo apparentemente neutrale, ma nel breve volgere di qualche mese si intrupparono senza riserve.

Vedo preoccupanti analogie. E vedo titubanze e cautele a riconoscere le cose per quello che sono nella realtà. A me pare che sperare nel "rinsavimento" sia ormai un vano esercizio ed una svanita illusione. Sui problemi della sicurezza e della giustizia la divaricazione tra la maggioranza e le opposizioni è ormai incolmabile. Sulla riforma della Costituzione il territorio è stato bruciato l'altro ieri.




E tutto è sciaguratamente avvenuto sul "corpo ideologico" di Eluana Englaro. Non ci poteva essere uno scempio più atroce.



 


da La Repubblica di oggi, 8 febbraio 2009.



http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/eluana-englaro-2/scalfari/scalfari.html









 

mercoledì 4 febbraio 2009

There will never be another you



Ci saranno molte altre notti come questa



E io starò a guardare insieme a qualcun altro



Ci saranno altre canzoni da cantare, un altro autunno, un'altra primavera, ma non ci sarà mai un altro tu



Ci saranno altre labbra che bacerò, ma non mi daranno i brividi come le tue



Sì, potrò sognare un milione di sogni, ma come potrebbero avverarsi



se non ci sarà mai più un altro tu.



There will never be another you è la canzone originale, qui tradotta di fretta. Se potete, ascoltate la versione di Chet Baker. Se no, cercatela suonata in qualche locale. O alla tromba o al sax, è meglio. Cercate, che è bellissima. Oppure eccola qui, eseguita da un gran pianista:







lunedì 2 febbraio 2009

Il Re Blu Profondo


Il re Blu Profondo era un uomo bizzarro. Elegantissimo, ogni giorno si vestiva di tutto punto e usciva per fare la sua passeggiata. Percorreva a grandi falcate la strada che costeggiava il mare, arrivava fino al ponte e si fermava, con il vento che gli sollevava la giacca broccata, a mirare il cielo di mezzogiorno e i gabbiani che svolazzavano sul castello. I gabbiani con il loro suono di neonati urlanti, gli ricordavano suo figlio, morto bambino. Al re Blu Profondo si riempivano gli occhi di lacrime, che rimanevano in bilico come bolle di vetro. Dopo un quarto d'ora si voltava, stringeva la cinta della vestaglia e ripercorreva la strada a ritroso.

Ogni giorno la strada era la stessa, così come i suoi gesti. Aveva fatto in modo che niente potesse interrompere il suo rito quotidiano e che apparisse come un evento agli occhi di tutti i componenti della sua famiglia. Più che una famiglia, sua moglie e le sue figlie erano sudditi. Ma gli rimproveravano il suo sentirsi sempre superiore, non comprendendo che era semplicemente solitudine.  

Il re Blu Profondo non si rendeva conto di essere bizzarro. Faceva di tutto per non esserlo, per apparire una persona rispettabile e a modo. Ma nel suo cuore si nascondeva l'amore per i colori e per la pittura. Dipingeva. Ma non come fanno gli artisti. Copiava i quadri che gli piacevano. E i fiori, i fiori erano la sua passione. Non dipinse mai un fiore dal vero. Solo da altri dipinti. Ed erano talmente perfetti da sembrare originali. In questo modo il re Blu Profondo si teneva lontano da ogni imperfezione e da ogni possibilità di errore. Gli errori e le imperfezioni sono quello che gli artisti cercano, sono le loro scoperte. Ma lui no, odiava gli errori, non gli interessava scoprire. Gli interessava soltanto eguagliare. Era il suo modo per scontare una colpa. Quella del talento. Non potendo reprimerlo, lo ingabbiava in decoro. E decorate erano le decorose case dei parenti, ognuno di loro aveva in casa un suo quadro.

Il Re Blu Profondo divenne vecchio, molto più di quanto immaginasse. Perse ogni ragione. Non poteva più sfogare la sua bizzarria nel vento delle passeggiate solitarie. E così, prigioniero di un corpo avvizzito e delle mura di casa, era lì che dava in escandescenza. Dopo una vita regolare e ordinata, si svegliava nel mezzo della notte. A volte gridava. Oppure cantava con la voce straordinariamente intonata. Un secondo dopo non se ne ricordava già più. La foto di suo figlio morto stava sempre allo stesso posto, sacro come un altare dove ogni giorno ci sono fiori freschi. Un giorno il Re Blu Profondo, senza pensarci, si accorse che stava dipingendo proprio quei fiori. Il tratto era tremante, i colori quasi scelti a caso, senza precisione e senza intenzione. I bordi sbavati e molte parti incompiute.

Fu l'unica volta che la sua anima ringraziò.  







sabato 31 gennaio 2009

Tempi moderni

Due ragazzi usciti da un'idea



Si abbracciavano teneramente



davanti a un teatro.



Il cappellino rosso di lei su abiti violetti



anni trenta si piegava morbido contro



la falda del cappello di lui, vestito in jeans.



Sembrava un abbraccio tra epoche diverse.



Un vecchio tra la folla scomposta della piazza



assediata dalla polizia che controllava



la vendita di alcolici aveva un guinzaglio.



Non portava un cane ma chiavi che strisciavano



sonore come una campana rotta sui sampietrini.



Un uomo, occhi scuri e accento dell'est,



chiedeva spiccioli. Non per lui.



Per una donna che lo seguiva e appariva inaspettata trascinandosi



con le scarpe rotte e il viso sfatto



Lo seguiva come morta e con tutto l'orrore di una vita.



Ragazzi di fronte a un bar vagavano da una macchina all'altra,



ognuna con le portiere aperte per inondare l'aria di musiche tecno.



La luna era bassa, a forma di culla.



C'era da sforzarsi di ricordare tutto e nell'ordine inverso.



Con una musica che riappacificasse.









mercoledì 28 gennaio 2009

sabato 24 gennaio 2009

domenica 18 gennaio 2009

Do you know what it means...



Non sai com'è qui quando ti manca New Orleans

E ti manca ogni notte e giorno

So che non mi sbaglio, l'emozione cresce piano

ogni volta che le sto lontano e non ritorno.

 

Mi mancano le viti coperte di muschio, i pini dolci e alti

Dove gli uccellini burloni cantano strizzando l'occhio

E mi piace vedere il pigro Mississipi affrettarsi a primavera in salti

 

La luce della luna sull'emissario, una canzone creola che riempie l'aria

Sogno le magnolie in sboccio e sogno di essere lì

 

Non lo sai com'è qui quando ti manca New Orleans

Quando è lì che hai lasciato il cuore

E c'è qualcos'altro. Mi manca qualcuno a cui tengo, sì

Più di quanto mi manchi New Orleans





Traduzione di Do you know what it means to miss New Orleans. Non so chi ha scritto le parole originali. Ma è una canzone meravigliosa.








Viaggio leggera

sabato 17 gennaio 2009

Con gli occhi in aria

Cariche d'ombre sfumate dai raggi


plastiche e materiche di viaggi


gravide di pioggia, eppure sospese


vanno, soffiate in mutamenti di vento


che le disfa e ricompone mai uguali, in attese


nuvole, come anime, fluiscono in aria


e sovrastano la fissità verticale dei palazzi inscheletriti


e di ogni certezza uguale a costruzioni traballanti


solo loro rimarranno nel tempo, con la naturalezza


nel farsi e disfarsi, senza resistenza


persino nello scontro sanno scaricarsi di liberatori lampi e scrosci


Ma, anche loro passeggeri, lasciano segni e paure


solo in chi li guarda e cerca riparo da un fluire


che non conosce verità o giustizia


o volontà alcuna


L'eterno essere ha solo una regola, un equilibrio inspiegabile


eppure presente che permette un passato e un futuro.


Ruotano anch'essi. Si confondono a volte.


E prendono sfumature di luce da ogni cosa che li sospinge.


Un soffio buio o luminoso che non sappiamo, ancora, cosa sia.


Quale il nostro vento.


Quanto il nostro tempo.


Quale la via.


In quale forma, ogni istante, cambiamo.